venerdì, aprile 20, 2007

riflessioni ...


Ciao,
fa un giro sul nostro sito http://www.ugdcbarietrani.it/ da lì puoi raggiungere il nostro blog http://uggiddicci.blogspot.com/
- che da un anno sto cercando di lanciare - L.
Due parole su ieri. Percepisco, quando parlo con i colleghi (non parlo certo di te), le seguenti peculiarità:
- crisi di identità,
- la mancanza di una ‘coscienza di classe’
- la sindrome che definisco del ‘secchione’ (quello che risolve tutti i problemi anche se astrusi e inutili)
e cosi’, ogni anno, con qualunque governo, ci ritroviamo ad APPLICARE norme alla cui genesi non abbiamo realmente contribuito, sforzandoci di applicare provvedimenti spesso inappropriati o addirittura in contrasto con norme vigenti. (puo’ essere interessante la lettura del documento emesso dal coordinamento unione di puglia e basilicata sui rimborsi Iva auto)
Abbiamo sperato di risolvere con i numeri (fusione) quello che dovevamo risolvere con uno stravolgimento interno con un rinnovamento delle nostre anime. ma nel posto che un tempo era occupato dall’anima, si sono piazzati invidie meschinità grettezze rabbia stupidi antagonismi da quattro soldi corse alle poltrone, ai braccioli agli sgabelli alle scrivanie (sopra e sotto)
E adesso …, che speriamo di ottenere, in un sistema democratico la maggioranza governa, ma noi siamo governati dalla minoranza, in un sistema clientelare e di potere, vero o presunto, chissà! COME PESCI IN UN ACQUARIO IN ATTESA DELLA MANO DISPENSATRICE DI CIBO
In bocca al lupo quindi per tutto e se vuoi/puoi mandaci del materiale da pubblicare sul blog o sul sito.

Se ti capita di passare in centro e hai un minuto per un caffè, fa un fischio …
Un abbraccio

3 Comments:

At 20/4/07, Anonymous Anonimo said...

il problema è proprio questo non possiamo ormai permetterci di stare alla finestra a guardare, dobbiamo agire.
l'incertezza puo' essere fatale ... che faccio ... un passo avanti, o un passo indietro? facciamolo sto' passo da una parte o dall'altra, ma facciamolo

 
At 30/4/07, Anonymous Anonimo said...

Buongiorno,
prima di tutto ti prego di perdonarmi per il ritardo con cui ti rispondo, in secondo luogo ti ringrazio per il tuo proposito di condividere e partecipare con chi ti scrive le tue personali riflessioni. Le apprezzo e credo che rappresentino per genesi e per sostanza una fatale contrapposizione alle posizioni dell’attuale classe dirigente il nostro ordine professionale. Tuttavia, prima della mie, devo necessariamente fare una breve ma sentita premessa, anche per darti modo di comprendere appieno il senso delle mie successive parole. Come ricorderai, non sono, per mia personale ispirazione liberale, uno strenuo difensore della “necessità” degli ordini professionali. Devo dire per onestà, anche rispetto alla mia storia personale, di non “sentirmi” un commercialista: lo sono diventato più per caso che per scelta ponderata e prospettica. Sin dall’Università ho cercato e realizzato altri percorsi, ho seguito la mia inclinazione, studiando determinate tematiche che poi sono quelle che continuo ad approfondire, sperando un giorno di poter raggiungere un buon livello di specializzazione. Nella sostanza continuo ad occuparmi delle cose che facevo anche prima. Il vero cambiamento, se vuoi, rispetto al mio recente passato è di tipo formale (prima ero un dipendente) e diciamo pure uno sostanziale, se penso alle certezze reddituali che sono venute meno. Un’aspirante specialista ero prima, un’aspirante specialista sono oggi.
Quanto sopra per dire che non temo né la sindrome del secchione, né tanto meno quella più generale di una perdita di identità, perché ho preferito, sin da subito, fare una scelta, non adeguandmi alla prassi consolidata del settore. Tutt’al più mi domando spesso se queste competenze hanno un senso nel nostro attuale mercato delle professioni, troppo poco incline alle complementarietà professionali e alla costruzione di un progetto “imprenditoriale” e spesso troppo propenso alla realizzazione di percorsi che si esauriscono nell’appartenere a “qualcosa” e/o a “qualcuno” (per la serie: “mi manda Picone”). Credimi, anche nel mio piccolo, mi batto perché cerco di dare un esempio di “come anche potrebbe essere”. Non è facile: anche i coetanei non ti seguono per mille motivi e ragioni. Credo, tuttavia, ma non potrei fare diversamente, che alla fine le scelte che stiamo facendo, io assieme alla mia giovane moglie e collega, pagheranno. Almeno questo è il nostro auspicio. Per quanto poi attiene la mancanza di una coscienza di classe, se quanto detto prima è vero, troverai naturale accettare questa come un’inevitabile conseguenza delle altre: una tra tante, purtroppo, caro amico e collega. Come si può pensare di rappresentare qualcuno se spesso non si ha ancora una vera coscienza di sé, della propria professione, del proprio agire economico. Come si può continuare a pensare di essere dei DEMIURGHI in un mondo che sta velocemente cambiando e che ci considera dei meri operatori economici, per altro ad alto tasso di sostituzione. Come è possibile vendere, come strategica rispetto all’evoluzione delle nostre traiettorie di crescita, un’operazione di fusione che non è altro che un’operazione di cassa che nulla produce per le nostre prospettive professionali. Non mi voglio dilungare anche se già l’ho fatto. In parte comprenderai il mio scetticismo verso le rappresentanze: vedo troppi compromessi che spesso sono il risultato di operazioni personali; travestite da obiettivi e principi generali si traducono in iniziative di piccolo cabotaggio dal cortissimo respiro. Ribadisco, se ancora ce ne fosse bisogno, un concetto a me caro: avere delle idee, anche in forte contrapposizione con altre, è giusto e sacrosanto; tuttavia è necessario far derivare da questo l’azione di spendersi per tali idee, assumendosi il rischio che se queste non “passano” sia doveroso e necessario fare uno, due passi indietro. Invece impera la logica contraria: per la serie non la penso come te ma ti vengo incontro. Ed ecco dunque Treglia che si ricandida per la sesta volta; mentre gli altri si ritagliano piccoli spazi personali.
Credo, almeno a mio giudizio, che ci sia bisogno di qualcosa in più. Lo si può fare sia all’interno di un organizzazione, come fai tu probabilmente, sia ogni giorno nell’attività professionale quotidiana. Ad ogni modo accetto il tuo invito a prendere parte al blog (spero di farlo quanto prima) e ancor di più al caffè in una delle prossime settimane. Spero che il nostro confronto continui. Nel frattempo ti ringrazio per la pazienza che hai avuto nell’arrivare a leggere sino a qui e ti auguro un sereno we con la tua gioiosa e numerosa famiglia. Ti abbraccio e a presto

 
At 1/5/07, Blogger il rosso said...

ho letto e riflettuto.

trovo molto interessante quanto dici circa la scarsa disponibilità dei nostri colleghi a integrarsi con altre professionalità. è vero stiamo tutti lì, chini a zappare il nostro orticello che, proprio per la nostra scarsa attitudine a coltivare collaborazioni complementari, rimane tale.

penso che però il mercato ci stia dando una mano.

diventa sempre più difficile per un giovane professionista aprire uno studio generalista, i margini di profitto sono così ristretti, che sempre più di frequente si assiste alla nascita di consessi di colleghi (organizzati nelle forme più varie) in cui competenze diverse si affiancano per la fornitura di un servizio sempre più sfaccettato e completo.

MA POI?

il problema rimane, il chi siamo dove andiamo, cosa facciamo sono i nostri integrrogativi di sempre.
meglio, sono purtroppo gli interrogativi di alcuni di noi, gli altri non se lo chiedono neanche e continuano a zappare orti più o meno grandi, ad accumulare soldi e clienti o a sbattersi per pagare dipendenti e bollette.

E TUTTO QUESTO PERCHE'?

ci manca la consapevolezza, e quando parlavo di coscienza di classe certo nn intendevo riferirmi ad un auspicato neo-corporativismo, ma di consapevolezza della funzione pubblica e di partecipazione, facendo leva su tale ruolo, alla genesi normativa in ambito economico.

QUALI LE STRADE DA PRENDERE.

difficile individuare una soluzione siamo tanti, divisi, diversi. abbiamo bisogno di un massimo comun divisore e se questo sia l'appartenenza a un ordine o collegio o associazione o altro io non lo so. potrebbe essere anche solo la nostra coscienza,

PER QUELLI DI NOI CHE ANCORA CE L'HANNO

 

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